DOC O NON DOC ? QUESTO E’ IL PROBLEMA. DOC SI’ IN ITALIA E ALL’ESTERO?
“E’ evidente che per noi la protezione delle denominazioni sia un problema strategico. In Italia ci sono 73 DOCG, 332 DOC e il resto IGT, 523 denominazioni sono troppe, anche se sono una ricchezza, è difficile proteggerle a livello internazionale; nel TTIP (il trattato commerciale tra UE e USA in negoziazione) la lista delle denominazioni da proteggere era un centinaio, ma il TTIP è stato disatteso” parole di Riccardo Ricci Curbastro, produttore franciacortino, Presidente di Federdoc e della Federazione Europea dei Vini d’Origine intervenuto alla conferenza “L’origine del vino: ambiente, cultura, diritto” che si è svolta al Padiglione del Vino in EXPO, con la direzione scientifica del Presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella (nella foto con Chiara Masini).
“Le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche, nel settore del vino, così come nell’agroalimentare, rappresentano uno straordinario strumento di valorizzazione del territorio, della ricchezza e varietà della produzione” ha ricordato Massimo Vittori, Direttore esecutivo d’Origin a Ginevra.
Ma dove nasce il problema? Eugenio Pomarici, docente all’università di Padova e presidente della commissione diritto economia OIV ha ripercorso la storia della legislazione sulle DOC. “Nel 1958 con l’Accordo di Lisbona si definiva i il concetto di denominazione di origine e si affermava il principio che i nomi riferibili a una denominazione di origine sono meritevoli di specifica protezione. L’accordo prevedeva la creazione di un registro internazionale delle denominazioni da proteggere amministrato dall’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (WIPO) e l’impegno degli stati firmatari a tutelarle, tuttavia tale Accordo al 2015 risulta sottoscritto solo da 28 Paesi”.
Il problema è la mancata condivisione della nozione stessa di denominazione di origine nei Paesi non mediterranei.
Prosegue il professor Pomarici “il tema della protezione internazionale dei nomi geografici è diventato oggetto di discussione nell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Nel 1994 si giungeva all’approvazione dell’accordo TRIPS (Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights) che, con riferimento a nomi geografici definiti come indicazione geografica, con l’art. 22 ne garantiva il diritto alla protezione internazionale quando questi designano un prodotto che deve la sua qualità, reputazione e caratteristiche alla sua origine geografica, garantendo una protezione addizionale per il vino, art.23. Anche nel caso dell’Accordo TRIPS, però, la protezione internazionale doveva diventare operativa attraverso l’istituzione di un sistema multilaterale di notifica e registrazione; l’effettiva attivazione di questo registro è stata impedita dalla diversità di punti di vista sull’automatismo degli obblighi di protezione di tutte le indicazioni geografiche registrate in tutti i Paesi membri dell’OMC.”
In conclusione Eugenio Pomarici ha sottolineato come “ dopo venti anni nei quali il commercio internazionale del vino e di altri prodotti alimentari di pregio è cresciuto in modo notevolissimo, purtroppo le divergenze non sono stante ancora superate e di fatto il tema della protezione internazionale delle denominazioni di origine, è diventato uno degli elementi caratterizzanti gli accordi bilaterali o regionali tra i Paesi più interessati all’esportazione o importazione del vino, come di altri prodotti alimentari”.
Daniele Cernilli, giornalista direttore di Doctor Wine, ha riflettuto sul diverso approccio verso le denominazioni di origine da un lato di Francia e Italia, dall’altro di Paesi anglosassoni come Regno Unito e Stati Uniti d’America. Mentre nell’immaginario collettivo italiano ed europeo DOC significa prodotto autentico ci sono Paesi, come gli USA, che hanno un principio di concorrenza più liberista, sostenendo che se un processo produttivo è in grado di dare risultati analoghi sotto forma di qualità e riconoscibilità, allora le denominazioni non sono altro che rendite di posizione e turbative di mercato.
Rimangono da osservare gli attuali trattati CETA col Canada e TTIP con gli USA, porteranno sorprese positive? Gli stati membri dell’Unione Europea riusciranno a tutelare le proprie ricchezze e le proprie DOC?
Chiara Masini