Pasticceria Giotto: dal carcere una ricetta per cambiare
Verso le 15 io esco, le quattro grandi porte rosse con le grate di ferro e i doppi vetri del carcere di massima sicurezza di Padova si aprono, dopo cinque ore esco dai Due Palazzi ma non mi sento più quella di prima, problemi, gioie e dolori restano, dentro c’è una forza nuova per affrontarli e il sorriso che mi hanno regalato loro i pasticceri di Officina Giotto. Avevo attraversato quelle porte con trepidazione, dopo il permesso chiesto da mesi, dopo tutti i controlli di sicurezza, senza cellulare, con una targhetta al collo del Ministero della Giustizia, con scritto “visitatore n.10”, accompagnata da una persona dello staff mi fanno entrare. Le grandi porte rosse si aprono e poi si chiudono dietro di me, mi fanno venire i brividi, la pelle d’oca, non sono in un luogo qualsiasi sono in una delle 200 case di reclusione italiane, qui vivono circa 600 uomini, mi spiegano che è solo un carcere maschile.
Col cappotto addosso attraversiamo lunghi e freddissimi corridoi, non ci sono radiatori, ma solo finestre con le grate rosse come quelle delle porte e i doppi vetri, ai muri tanti quadri che ripropongono in copia tele famose di impressionisti e cubisti, agli angoli spesso qualche immagine religiosa o la statua di Sant’Antonio, in fondo siamo qui nella città del santo, anche lui molto attento alle esigenze dei carcerati.
Sono qui perché mi hanno invitata per una giornata particolare all’interno della pasticceria, sì la pasticceria del carcere. Senza un signore di nome Nicola Boscoletto tutto questo non sarebbe stato possibile. Lui è una persona mite, ma irradia energia e calore, potenza positiva. Boscoletto è il presidente, ed è stato uno dei fondatori della cooperativa Giotto dal 1986, da allora ha incontrato tutti: Papa Francesco, il Premier Renzi, tutti gli ultimi ministri della Giustizia, presentatori televisivi e attrici che ha portato dentro la casa di reclusione vicino allo stadio Euganeo di Padova. L’ho incontrato anche in EXPO mentre narrava la sua storia e parlava della “potenza del limite” durante uno dei convegni più importanti dell’esposizione universale “Le 4 potenze dell’enogastronomia italiana” organizzato da Paolo Massobrio. Nel 2004 Boscoletto ha fondato il Consorzio Sociale Giotto, ne fanno parte la coop Giotto e la coop Work Crossing, sono di tipo B, cioè finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, danno uno stipendio a 500 persone e hanno un fatturato totale di circa 20 milioni di euro. “Do amor ninguem foge (nessuno fugge dall’amore)” è scritto alla parete di un piccolo cortile interno al carcere è la frase che disse un detenuto brasiliano che voleva rimanere a lavorare in una casa di reclusione anche una volta terminata la pena.
Grazie al primo maestro di pasticceria Lorenzo Chillon, già chef del Caffè Pedrocchi, e al responsabile degli impianti Matteo Florean, una squadra di 30 detenuti ha sfornato solo nel 2015 circa 80.000 panettoni, il loro pezzo forte, oltre a torroni, biscotti, torte sbrisolone, baci di dama e cioccolatini vari. Mani che hanno fatto male, persone che stanno scontando la pena, sono in grado anche di realizzare prodotti di eccellenza, di portare un piccolo contributo al bene comune e di mandare un po’ di soldi a casa.
Elio (nella foto con me e il panettone ) ed Ivan si svegliano alle 4 la mattina e iniziano la lievitazione dei panettoni, mi parlano del loro lavoro e del perché si trovano in carcere, entrambi sono molto orgogliosi di quello che fanno con l’Officina Giotto e del successo dei loro dolci, mi dicono che sono fatti con i migliori ingredienti, possibilmente provenienti dalle fattorie del padovano. Marco un ragazzo campano che uscirà presto, ha capito che la pasticceria è una scienza, bisogna essere precisi a misurare ogni ingrediente, basta poco per far cambiare il risultato. Pasquale è un uomo calabrese, sorride e mi fa assaggiare i cioccolatini ed il torrone col pistacchio: buonissimi. Tra le giacche bianche da cucina ci sono due personaggi che vengono da fuori, sono Francesco Boccia e Fabrizio Donatone campioni del mondo di pasticceria, oggi insegnano ai detenuti nuove ricette per una giornata speciale, realizzata col contributo dell’azienda Agrimontana, uno dei fornitori della Pasticceria Giotto. Tante foto, anche io sono una novità, una donna dentro il carcere, in tanti si mettono con me davanti al fotografo.
Alla fine della giornata campioni e pasticceri Giotto hanno realizzato insieme alcune squisitezze: Cremino al pistacchio, Cremino pralinato, Trilogy (snack al gianduia e arancia candita), la Caramel mou noisette con Frolla di cacao e nocciole, caramello mou e bavarese alla nocciola chiara, delle Monoporzioni gianduia noir e una Crostata al cremino.
Uno degli uomini che ho incontrato mi racconta il suo reato, perché si trova al Due Palazzi, mi parla anche della storia della sua famiglia, che è sposato ed ha due figli, mi dice che da cinque anni sua moglie tutti i sabati viene qui solo per vederlo, per parlare insieme per un po’, senza intimità, sempre in presenza di una guardia. Mentre mi racconta questi episodi sorride con dolcezza, dice “avevo chiesto un permesso per uscire sei ore, ma non l’ho avuto, pazienza magari me lo daranno la prossima volta, ho fatto del male ed è giusto che io sia qui, però vorrei rivedere i miei figli”.
Uscendo dal carcere quando le porte rosse che si aprono mi riconsegnano la libertà, penso che io le persone care le posso vedere più o meno quando voglio, penso che posso andare ovunque, penso che posso fare del bene, rifletto sulle mie inquietudini, sui problemi quotidiani, in fondo poca cosa rispetto a quelli che ho sentito dentro. Mi torna in mente il messaggio dei pasticceri e penso che devo comunicarlo. Penso all’amore. Penso alla forza e alla sofferenza, all’amore di una donna che da cinque anni tutti i sabati viene qui e poi esce da sola. Continuo a pensarci e mi sembra un racconto da film, invece è vero, credo che questa storia che mi ha raccontato il pasticcere sia una storia di vero amore. Capisco che l’amore non ha limiti, nemmeno quelli delle sbarre, e che ha pazienza.
Chiara Masini